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Addio Arjuna, addio Poeta fantastico e creativo... che la terra ti sia lieve.
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il sepolcro e la staffa

Ultimo Aggiornamento: 04/11/2005 14:46
04/11/2005 02:03
 
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Colgo l'occasione di presentare in questo spazio il nostro romanzo fantasy: Il sepolcro e la staffa.
Per tutti gli appassionati di letteratura fantasy, un favola per grandi e piccini.
Buon divertimento.

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PREFAZIONE


Perché scrivere di elfi, di mostri, di esseri immaginari in un mondo oramai tecnologico? In cui l’esistenza stessa della poesia è in discussione, in cui tutto è prosa, in cui si percorre il divenire senza più la capacità di gustare il tremulo affidarsi della foglia al vento? Non è utile, non è spendibile... la fantasia è forse il rifugio ultimo per coloro che non hanno ancora compreso che l’era dell’uomo sapiens è finita, che ora è il tempo dell’homo tecnologicus inglobato dalla macchina?
Per i disadattati persi in un passato illusorio? E’ tempo di crescere? Probabilmente sì.
Ma se oggi si può vivere senza fantasia, senza la capacità di vedere oltre il dato, millenni di storia non sono riusciti nell’intento di farci vivere meglio. La continua creazione di novissimi bisogni indotti non può essere certo un sostituto credibile al semplice stupore del creato, la somma degli oggetti accantonati e degli onori raccolti non vale né spiega l’insensata certezza che siamo, non si sa come, né perché.

C’è tanta gente nella mia testa che parla, vive, si racconta e chiede voce; ed io, con penna difettosa, cerco di farvela conoscere.

Stefano Magrella, magister nugarum.

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LA TOMBA DI GRUGNIR



La gilda dei giullari

Settembre, in punta di piedi, prende il suo posto nella giostra delle stagioni, cominciando ad intiepidire i pomeriggi spietatamente assolati, ma nessuno sembra accorgersene qui, alla torre. Alla gilda dei giullari tutto è in gran fermento, come spesso accade, così com’è grande il fermento dei contadini dei vicini villaggi, che cominciano a lumare con malcelato interesse i rami delle viti oramai sfibrate dal momentaneo fardello. La festa dell’uva, del vino! Chi altro sostiene l’uomo nelle sue fatiche, nei momenti di lavoro e di riposo? E’ giunta l’ora di tributare il giusto riconoscimento al generoso frutto. E nell’azzurro palazzo, situato tra i monti bianchi e Gondor, c’è gran fermento, si provano scene, si intonano canti, si puntellano strutture.
Tutto è sfavillante e colorato, inebriante. Tante razze mai viste insieme strette gomito a gomito: nani, umli anche e altri piccoletti, detti questi però hobbit, che vengono si dice dalle cascate di Rauros, o giù di lì. Sciamano bambini tra le gambe pesanti dei guerrieri e dei mercanti, dei carpentieri e delle maestranze alacremente al lavoro… e le bocche degli adulti, dei mercanti e dei curiosi rimangono spalancate dinanzi alle magistrali acrobazie del guitto, che ora con passo regolare e cadenzato doma la fune tremolante lassù, dove puntano i nasi di tutti, nell’azzurro terso. Ma è un attimo, e ad un sorriso malizioso e seducente di una bella dama rosso vestita, il giovane funambolo mette un piede in fallo. Persino i bambini si fermano un istante, tutti trattengono il fiato e qualcuno non osa guardare… Ecco l’acrobata tra le braccia possenti del fabbro, al sicuro, e tutti rincuorati gridano di giubilo e sollievo, mentre la dama, scherzando con un’amica, se ne va ridendo, non prima però di un ultimo sguardo civettuolo al funambolo già innamorato…
Vesti stravaganti, cappelli audaci e scarpe che molto hanno camminato per giungere qui, alle pendici dei monti bianchi. Presso la fontana di nero basalto, all’ombra della torre, il giullare intona canti di oggi e di ieri, facendo arrossire con battute salaci le mature donne giunte a prender acqua; i ragazzini, finalmente, danno requie ai carpentieri, e i falegnami possono finalmente lavorare in pace, e portare gli ultimi ritocchi alle scenografie ancora traballanti.
C’è un brusio carico di attesa mentre il giullare prende fiato e accorda il suo liuto, seduto sul bordo della fonte. E quando la prima nota suona, i bambini tacciono attenti e rapiti, ed anche gli adulti, piano piano, si accoccolano ai piedi del cantore, perché la canzone che sale al cielo è una salace storia vecchia di anni, di quando anche loro erano giovani e sedevano attenti e rapiti ad ascoltare i cantastorie strampalati e l’inaudito e melodioso canto del liuto. I loro occhi di adulti, velati dagli anni e dalle fatiche, si riaccendono di un’antica fiamma, si caricano di colore, di sogni, e in loro risplende il sole d’autunno, il più terso di ogni stagione…
Canta il cantastorie, canta di sogni, di amori, di rovine e di nascite, di morte e di ritorni…canta di donne gentili e di madri apprensive… di eroi burlati e di armi lucenti. Di tanto in tanto, scoppiano fragorose le risa delle donne giunte dal paese, che raccolte in disparte arrossiscono al ricordo della gioventù e dell’amore.
Le monete sparse nel cappello del giullare si arrossano della luce del tramonto, e si affrettano le ultime risate e gli ultimi scherzi, mentre si preparano le torce e appaiono mantelli e scialli di ogni foggia e colore, e i cappelli svolazzano alle prime brezze della sera. Canta, canta il cantastorie, e l’odore del cinghiale sul fuoco di legni di pino si diffonde nella piazza, attirando alle calde taverne le genti affamate, e le ombre si fanno più lunghe e confuse, e ancora il liuto accompagna le ultime battute e le birbonate.

L’ombra della torre dal tetto azzurro si allunga e inghiotte a grandi passi i massi che lastricano il selciato. Svetta, netta ed essenziale, e le sue pareti candide e stravaganti come marmo sono porpora al cospetto dello stanco sole che si corica oltre la linea dell’orizzonte.
A fatica si vedono sventolare le bandiere di Gondor, e le prime lanterne come stelle si accendono dalle finestre e dalle feritoie.
Da una finestra all’ultimo piano, una tenda viene scossa debolmente. Traspare il fioco tremolare di una torcia e un viso segnato dagli anni e dall’esperienza. Guarda giù, verso la piazza ormai semivuota. E proprio da questa esplode un tardivo scroscio di risa e urla di scherno, che sottolinea il tonfo di un corpo caduto in acqua, nelle fredde acque della fonte.
L’anziano bardo, invisibile dall’alto della torre, con lo sguardo segue divertito lo sgraziato passo irato di un donnone del paese, che ha messo a tacere con un bel ceffone il giullare troppo audace, prima di far ricadere il pesante broccato alle sue spalle.
La sommità della torre era avvolta dall’oscurità.

“Bene bene, alla fine anche il caro Hanfric, il cantastorie di Maethelburg, ha avuto pan per focaccia” rise il vecchio dunlandiano, con occhi che guardavano lontano.
“In che senso, Bredunlago, mio signore?”
“Senti le risate? Con un ceffone, la madre di una ragazza onesta ha spento i bollori del giullare troppo audace. E’ un duro mestiere; ci vuole misura, e io lo so bene! La fredda acqua della fonte gli porterà consiglio, Hoavarri.”
Il vecchio dunlandiano ora scrutava uno per uno i presenti nella sala, e a fatica ne scorgeva i lineamenti nel buio spesso, mentre Hoavarri accendeva le torce poste sulle pareti.
Aprì le braccia, e con voce granosa per l’età spezzò il silenzio d’attesa che era calato.
“Bene, grazie Hoavarri.
Amici, benvenuti; il signore della Gilda dei giullari, Bredunlago della compagnia dei potenti, vi accoglie nella sua dimora.”

Nella penombra trepidante delle torce infisse nelle pareti, la figura del signore della gilda dominava la sala, mentre tutti tacevano in attesa. La pesante porta di ferro istoriata sigillava il segreto di quella riunione....

...e la storia continua...

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Per chi fosse interessato, e nei dintorni di verona.
Il libro stampato è in vendita presso la libreria IL GELSO, VIA ZAMBELLI GIOVANNI, 4/B (tra la upim e la fnac) a VERONA.
Caratteristiche: 250 pagine, copertina a colori e disegni interni firmati dall'abilissimo Zeno Grigoletti.

Per ulteriori informazioni
www.caputofrancesco.com/saga/saga.html

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ALCUNE ILLUSTRAZIONI TRATTE DAL LIBRO - di Zeno Grigoletti
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immagine 5

Enjoy!

EDIT: Come da regolamento, postare immagini nel forum è vietato.

[Modificato da Vittek 04/11/2005 14.46]

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